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Amiche per la pelle
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- Creato Sabato, 14 Aprile 2012 07:30
- Ultima modifica il Sabato, 14 Aprile 2012 07:30
- Pubblicato Sabato, 14 Aprile 2012 07:30
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Il condominio come luogo privilegiato di narrazione compare spesso al centro della creazione artistica di autori della letteratura della migrazione. In effetti già Mohsen Melliti nel suo testo Pantanella Canto lungo la strada aveva visto nella struttura edilizia dell’ex pastificio occupato un luogo in cui era possibile costruire nuove relazioni umane, su base multietniche, rifondare in qualche modo una nuova e diversa città.
Più recentemente Amara Lakhous con il suo Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio considera la struttura condominiale come scena e teatro per lo svolgimento della sua narrazione tinta di giallo.
Anche Laila Wadia in questo recentissimo testo trova nel condominio una scenografia adatta a costruire il suo mondo narrativo.
E’ un condominio diverso da quelli descritti dai sociologi della civiltà urbana, ove le relazioni sono ridotte al minimo, ove si stabilisce e radicalizza la dimensione dell’anonimità, pregio e difetto della vita urbano-metropolitana.. E’ un condominio, quello descritto da Laila Wadia, che è invece al centro di relazioni umane che si costruiscono, giorno dopo giorno, dando vita a conoscenze, a diffidenze, a gelosie, ma anche a rinnovate solidarietà individuali e di gruppo.
Le strutture edilizie popolari, hanno registrato negli ultimi 50 anni, una radicale trasformazione, passando dall’iniziale residenza di famiglie monoclasse, in genere operai, alla convivenza di sottoproletari ed immigrati, per giungere alla finale prevalenza di gruppi etnici i più diversi e disparati.
Non mi pare che la migrazione interna italiana abbia prodotto significativi testi letterari attorno a questa struttura condominiale, mentre sta avvenendo qualcosa di significativo proprio con la letteratura della migrazione.
Forse è il tentativo di ricostruire una comunità che sappia scambiare gesti, relazioni, conoscenze, riproducendo in qualche modo la struttura e le relazioni sociali dei paesi d’appartenenza, anche se sono diversissimi i paesi d’origine delle persone che si trovano a convivere in un condominio.
Nel testo di Laila Wadia abbiamo infatti inquilini italiani, indiani, cinesi, bosniaci, albanesi, che si ritrovano con gli stessi problemi: servizi in comune, pericoli di sfratto, difficoltà di convivenza. Per gli inquilini di origine straniera c’è poi il problema della lingua, con gli inevitabili malintesi che accadono quando lo strumento di comunicazione è poco conosciuto.
La vicenda di questo condominio, imperniata su uno sfratto esecutivo che pone in ansia e in angoscia i vari inquilini, si sviluppa con leggerezza e con qualche tocco di ironia, che si evidenzia quando si tratteggiano i personaggi e la loro struttura psicologica.
Così è dell’unico italiano rimasto, che sembra burbero, legato, a parole, a vecchi ricordi fascisti, ma che rivela un animo sensibile, poetico e generoso.
Ogni personaggio, che appartiene ad un gruppo etnico diverso manifesta caratteristiche diverse e tipiche, così la coppia albanese che conserva l’aria da raffinati signori del loro paese, ma anche la coppia cinese con l’uso che fa delle cantine come luogo di rifugio e passaggio per i connazionali clandestini.
Le trame di vita che scorre in questo condominio risultano importanti perché mettono a fuoco le modificazioni che avvengono in questo gruppo di stranieri - ma emblematicamente in tutti gli stranieri - nell’approccio con la società italiana e gli autoctoni.
In questo caso appare significativa la figura dell’insegnante di italiano per le donne di questa piccola comunità, perché è veicolo di modi di pensare e fare non sempre coerenti con la cultura delle singole comunità. Così andare a teatro, oppure fare una escursione culturale è sempre qualcosa di strano e costringe i componenti di questo condominio a continue verifiche con la propria cultura, con le proprie abitudini, le proprie convinzioni. I protagonisti di questo fluido e accattivante romanzo sono donne, forse anche a sottolineare che le modificazioni dei migranti avvengono più profondamente nelle donne che non negli uomini.
Specie nella parte finale, qualche elemento da sogno, cioè di fatti difficilmente riscontrabili - perché purtroppo la vita umana è fatta spesso più di crudeltà che di generosità - alleggerisce il testo, ma lo pone anche fuori da una dimensione di totale aderenza alla realtà.
30-06-2007